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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE, SEZIONE 1 SENTENZA 24 FEBBRAIO 2016, N. 54 DATA UDIENZA 13 GENNAIO 2016

23/05/2016
Integrale

Bonifica – Deposito di materiali/rifiuti – Piano di caratterizzazione – Art 242, dlgs 152/2006 – Procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica – Conferenza di servizi convocata dalla regione – Responsabile della contaminazione – Individuazione


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
Sezione Prima
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 276 del 2015, proposto da:
Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Gi. Di Da., con domicilio eletto presso il suo studio, in Trieste, Via (…);
contro
Provincia di Gorizia, rappresentata e difesa dall’avv. Ma. Pi., con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza (…);
Comune di (omissis);
per l’annullamento
dell’ordinanza prot. n. 20428/15 dd 3.7.2015, notificata in data 07.07.2015 con cui è stato intimato al ricorrente, quale legale rappresentante del Consorzio per lo sviluppo industriale del Comune di (omissis), in sede di accertamento del superamento dei limiti delle CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) Idrocarburi, di attivarsi secondo quanto stabilito dall’art. 242 del D.lgsl 152/2006 ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti ai sensi dell’art. 249 del decreto medesimo;
di presentare inoltre nel termine di giorni 30 dalla data di notifica dell’ordinanza il piano di caratterizzazione a Provincia, Regione, Comune, ARPA F.V.G. – Dipartimento di Gorizia ed A.s.s. n. 2 “Bassa Friulana Isontina”,
nonché di ogni altro provvedimento antecedente, successivo e/o comunque connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Gorizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2016 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Agisce in giudizio il Consorzio per lo sviluppo industriale del Comune di (omissis) avverso il provvedimento della Provincia di Gorizia del 3 luglio 2015 con cui si ordina al Consorzio stesso, quale corresponsabile della potenziale contaminazione in un’area in cui è stato accertato il superamento del parametro per quanto riguarda gli idrocarburi, di attivarsi ai sensi dell’articolo 242 del decreto legislativo 152 del 2006 e di presentare un piano di caratterizzazione; gli si ordina altresì di rimuovere i rifiuti qualora per la loro natura possono aver causato la contaminazione del suolo.
Dopo aver illustrato a grandi linee le vicende, che riguardano un’area di un lotto industriale assegnato a una società chiamata “Consorzio terme romane” per l’esercizio di attività nel settore della nautica da diporto, rileva come tale società non abbia rispettato il contratto e non abbia rimosso i beni dal terreno di locazione. A seguito dell’ispezione, il ci si accorgeva della presenza d’idrocarburi superiori al limite consentito. Della vicenda veniva reso edotto il Comune di (omissis) che però non interveniva.
Il Consorzio ricorrente considera illegittimo l’ordine della provincia per i motivi di seguito compendiati:
1. Violazione degli articoli 192, 239, 242 e 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, incompetenza, difetto di presupposti, travisamento dei fatti, perplessità, violazione dell’articolo 97 della costituzione e dei principi di buon andamento e del giusto procedimento.
Secondo il consorzio ricorrente l’ordinanza muove da presupposti incerti, ambigui e contraddittori. La situazione di fatto non è stata chiarita nella fase istruttoria prima di procedere ad emettere il provvedimento.
Osserva poi come la disciplina degli interventi di bonifica ambientale non si applica all’abbandono di rifiuti, disciplinato da una diversa normativa. La fattispecie non è stata esattamente qualificata; l’ordinanza ha, infatti, imposto in un unico atto al consorzio ricorrente di attivarsi per gli adempimenti di bonifica, di presentare il piano di caratterizzazione e di procedere alle indagini a seguito della rimozione dei rifiuti. Le varie disposizioni sarebbero contraddittorie tra di loro.
2. Violazione dell’articolo 244 del decreto legislativo 152, difetto dei requisiti soggettivi, falsità dei presupposti e travisamento dei fatti. La normativa richiamata nell’ordinanza costituisce attuazione del principio comunitario “chi inquina paga”, con necessaria individuazione del responsabile; nel caso l’ordinanza viene emessa nei confronti del proprietario incolpevole. Infatti, il consorzio non aveva più disponibilità dell’area dal 2012, mentre è stato il Consorzio terme romane che non ha adempiuto ai propri obblighi, tant’è vero che della questione stato interessato il tribunale di Gorizia.
In sostanza l’ordinanza impugnata non è stata preceduta da un puntuale accertamento dei profili soggettivi e oggettivi della responsabilità ambientale.
3. Quale terzo motivo il Consorzio deduce la falsità dei presupposti e difetto di motivazione, lo sviamento, la violazione del principio di proporzionalità e di leale collaborazione. Secondo il consorzio non vi è stato nessun peggioramento se non per gli idrocarburi totali; ne consegue l’ambiguità e la sproporzione del provvedimento impugnato.
4. Il consorzio chiede infine il risarcimento dei danni patiti e patiendi.
Resiste in giudizio la provincia di Gorizia la quale ricostruisce in via di fatto la vicenda contestando l’intero ricorso. Osserva poi come parte ricorrente confonde la problematica riguardante il deposito incontrollato dei rifiuti con quella della potenziale contaminazione del suolo.
Con memoria depositata il 10 dicembre del 2015 parte ricorrente ribadisce l’ambiguità del comportamento della provincia. Insiste poi sul vizio d’incompetenza, anche per i risvolti penali che l’imputazione della responsabilità al consorzio potrebbe avere.
Con memoria depositata il 12 dicembre 2015 la provincia ritorna sui motivi di ricorso ribadendo le proprie argomentazioni.
Con memoria di replica depositata il 22 dicembre 2015 la provincia ribadisce ulteriormente le proprie argomentazioni. Insiste sul fatto che il deposito di rifiuti e la procedura di bonifica sono fattispecie distinte.
Infine la causa, dopo ampia discussione, è stata introitata per la decisione nel corso della pubblica udienza del 16 gennaio del 2016.
DIRITTO
1. Viene in esame il ricorso del Consorzio per lo sviluppo industriale del Comune di (omissis) avverso il provvedimento della Provincia di Gorizia del 3 luglio 2015 con cui si ordina al consorzio, quale corresponsabile della potenziale contaminazione in un’area in cui è stato accertato il superamento del parametro per quanto riguarda gli idrocarburi, di attivarsi ai sensi dell’articolo 242 del decreto legislativo 152 del 2006 e di presentare un piano di caratterizzazione; si ordina altresì di rimuovere i rifiuti qualora per la loro natura possano aver causato la contaminazione del suolo.
2. Conviene prendere le mosse dall’atto impugnato, il quale si rivolge alla lettera a) al Consorzio terme romane e alla lettera b) al Consorzio per lo sviluppo industriale odierno ricorrente, considerandolo “corresponsabile della potenziale contaminazione limitatamente alla porzione di area in cui si è accertata la presenza di un deposito di materiali/rifiuti sul suolo nel corso del sopralluogo del mese di marzo 2014”.
Segue l’ordine di attivarsi ex art 242 del d lgs 152 del 2006 ovvero qualora ne ricorrano i presupposti ex art 249 e nel termine di 30 giorni di presentare un piano di caratterizzazione. Si aggiunge infine che le indagini dovranno essere eseguite anche “a seguito della rimozione dei rifiuti, qualora la natura degli stessi possa aver causato la contaminazione del suolo”.

3. Va innanzi tutto riprodotto l’art 242 citato nelle parti che interessano:
Art. 242
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all’atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione.
2. Il responsabile dell’inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un’indagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L’autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell’autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l’inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo.
OMISSIS
8. I criteri per la selezione e l’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonché per l’individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili (B.A.T.N.E.E.C. – Best Available Technology Not Entailing Excessive Costs) ai sensi delle normative comunitarie sono riportati nell’Allegato 3 alla parte quarta del presente decreto,
9. La messa in sicurezza operativa, riguardante i siti contaminati [con attività in esercizio], garantisce una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale ed impedisce un’ulteriore propagazione dei contaminanti. I progetti di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da accurati piani di monitoraggio dell’efficacia delle misure adottate ed indicano se all’atto della cessazione dell’attività si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di messa in sicurezza permanente. Possono essere altresì autorizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di prevenzione dei rischi.
10. Nel caso di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di siti con attività in esercizio, la regione, fatto salvo l’obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, in sede di approvazione del progetto assicura che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività.
11. Nel caso di eventi avvenuti anteriormente all’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto che si manifestino successivamente a tale data in assenza di rischio immediato per l’ambiente e per la salute pubblica, il soggetto interessato comunica alla regione, alla provincia e al comune competenti l’esistenza di una potenziale contaminazione unitamente al piano di caratterizzazione del sito, al fine di determinarne l’entità e l’estensione con riferimento ai parametri indicati nelle CSC ed applica le procedure di cui ai commi 4 e seguenti.
12. Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e si coordina con le altre amministrazioni.
13. La procedura di approvazione della caratterizzazione e del progetto di bonifica si svolge in Conferenza di servizi convocata dalla regione e costituita dalle amministrazioni ordinariamente competenti a rilasciare i permessi, autorizzazioni e concessioni per la realizzazione degli interventi compresi nel piano e nel progetto. La relativa documentazione è inviata ai componenti della conferenza di servizi almeno venti giorni prima della data fissata per la discussione e, in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza. Compete alla provincia rilasciare la certificazione di avvenuta bonifica. Qualora la provincia non provveda a rilasciare tale certificazione entro trenta giorni dal ricevimento della delibera di adozione, al rilascio provvede la regione.
OMISSIS
4. Va osservato che il riprodotto articolo di legge fa riferimento, al comma 12, alla necessità per la provincia di coordinarsi con le altre pubbliche amministrazioni, tra cui nel caso anche il Consorzio industriale proprietario dell’area.

La giurisprudenza ha quasi costantemente affermato che gli interventi di riparazione, di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (art. 244, comma 2), d.lg. n. 152 del 2006); se il responsabile non sia individuabile o non provveda (e non provveda spontaneamente il proprietario del sito o altro soggetto interessato), gli interventi che risultassero necessari sono adottati dall’Amministrazione competente (art. 244, comma 4), d.lg. cit.); le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate, sulla base di un motivato provvedimento (che giustifichi tra l’altro l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità), agendo in rivalsa verso il proprietario (T.A.R. L’Aquila, (Abruzzo), sez. I, 03/07/2014, n. 577; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 05/05/2014, n. 183).
5. Per completezza va aggiunto che gli art. 244, 245 e 253 d.lg. n. 152 del 2006 vanno interpretati nel senso che, in caso di accertata contaminazione di un sito e d’impossibilità di individuarne il soggetto responsabile o di impossibilità di ottenere da quest’ultimo interventi di riparazione, il Ministero dell’ambiente non può imporre al proprietario non responsabile, che ha solo una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica, l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e di bonifica (Consiglio di Stato ad. plen., 25/09/2013, n. 21).
6. Ne discende che sulla questione, ad avviso di questo Collegio, risulta decisiva la considerazione che la bonifica di un sito potenzialmente inquinante è una fattispecie diversa e distinta dal deposito di rifiuti, indipendentemente dalla causa. Nell’atto impugnato non si parla affatto di responsabilità a titolo penale del Consorzio ricorrente, ma semplicemente di responsabilità a titolo di proprietario ancorché incolpevole; del resto si ordina al consorzio di procedere al piano di caratterizzazione, che costituisce un’indagine preliminare allo stesso accertamento della tipologia di rifiuti e di inquinamento.
7. Che l’inquinamento poi vi fosse non è lecito dubitare, visto che i parametri per quanto riguarda gli idrocarburi non risultano rispettati a seguito dell’ispezione avvenuta nel 2014, con l’intervento dell’ARPA regionale.
8. In sostanza, l’ordinanza si basa su due elementi non messi in discussione nel ricorso: il primo è che il consorzio industriale è e resta proprietario dell’area in questione, anche se non ne ha avuto in ogni momento la disponibilità. Il secondo elemento è che nel corso di un accertamento avvenuto ad opera di una struttura pubblica nel 2014 si è accertato il superamento di alcuni parametri di legge per quanto riguarda gli idrocarburi. L’ordine impugnato in sostanza chiede solo un piano di caratterizzazione ed eventuali interventi ex articolo 242 del decreto legislativo 152 del 2006, limitatamente all’area in cui è stata accertata la presenza di un deposito di materiali o rifiuti nel corso del sopralluogo del marzo 2014 e solo nella misura che compete al proprietario incolpevole.
9. Invero, è il responsabile dell’inquinamento il soggetto sul quale gravano, ai sensi dell’art. 242 d.lg. n. 152 del 2006, gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, mentre il proprietario non responsabile è gravato solo di una specifica obbligazione di “facere” che riguarda, però, soltanto l’adozione delle misure di prevenzione (T.A.R. Milano, (Lombardia), sez. IV, 13/01/2014, n. 108.).

10. Per completezza va aggiunto che in tema di bonifica e ripristino ambientale di un terreno inquinato ai sensi dell’art. 242, comma 2 e seguenti del d.lg. n. 152 del 2006, nel caso di affitto del bene a terzi anche il proprietario resta responsabile allorché sia a conoscenza della pericolosità dell’attività svolta e dello stato d’inquinamento del sito, essendo ciò sufficiente a far sorgere un obbligo di attivarsi al fine di eliminare, nel più breve tempo possibile ed anche in assenza di intervento dell’autore dell’inquinamento, lo stato di contaminazione (T.A.R. Venezia, (Veneto), sez. III, 28/10/2014, n. 1346.).
11. La rimozione dei rifiuti viene ordinata nell’atto gravato solo in via eventuale quando a seguito dell’indagine risulti che è stata proprio la presenza dei rifiuti a causare la contaminazione.
12. Si tratta in sostanza per il Consorzio ricorrente di attuare tutte e sole le misure di prevenzione previste dall’articolo 242, quelle cioè poste a carico del proprietario indipendentemente da una sua responsabilità.
13. Tutte le disquisizioni contenute sia nel ricorso sia nelle memorie difensive relative alla mancanza di comunicazione tra i due enti pubblici risultano irrilevanti ai fini dell’esame della legittimità dell’atto impugnato. Quest’ultimo, come ripetuto più volte, trova la sua legittimità in due fatti obiettivi: l’accertamento di un inquinamento superiore ai limiti di legge avvenuto nel 2014 e la circostanza che l’area in cui tale versamento è avvenuto è di proprietà del consorzio ricorrente.
14. Ogni altro aspetto risulta importante per quanto riguarda le conseguenze penali o di responsabilità, ma non ai fini di valutare la legittimità dell’atto impugnato, che risulta pertanto immune dai vizi sollevati.
15. Il ricorso va quindi rigettato: di conseguenza non si può accogliere la domanda di risarcimento dei danni, tra l’altro formulata in modo del tutto generico.
Tuttavia questo collegio trova validi motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi – Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi – Primo Referendario

Alessandra Tagliasacchi – Referendario
Depositata in Segreteria il 24 febbraio 2016.

Da: Pubblica Amministrazione 24